Una cosa piccola ma buona

Attentati o meno che siano, i fatti dolorosi come quelli di ieri (e come chissà quante centinaia ne stanno succedendo in questi 30 secondi di lettura e dei quali egoisticamente non ci sta importando nulla), suscitano sempre una serie di domande scomode che si cerca sempre di sotterrare sotto all'attribuzione esasperata di un colpevole.

Scrivevo tempo fa, in occasione di un fatto drammatico, al buon Mr. Darcy, "L’unica cosa che so è che desidero restare al tuo fianco, oggi, come sempre, ed esserci, ed entrare con te, un passo alla volta dentro ogni dolore, dentro ogni solitudine, dentro ogni fatica, e scoprire se in fondo veramente si trova il nulla cosmico o un luogo familiare che ci aspetta, dove riposare il nostro cuore stanco."

Perché ad un certo punto siamo anche stufi di questa ricerca continua, morbosa, iper-dettagliata, e tremendamente vuota di farci bastare un colpevole da mettere alla gogna. 


Chi ci ricorda se e perché vale la pena vivere? 
Per cosa vale la pena combattere e vivere e, forse anche, morire?

Riporto un articolo di Luca Doninelli pubblicato da ilsussidiario.net esattamente un anno fa, in occasione degli attentati a Bruxelles, che non mi stancherò mai di condividere. 

L'unico che esce da questo circolo vizioso in cui tutti, bene o male, nuotiamo con piacere, per farci accorgere della cosa più banale e meno ovvia di tutte, che non è una risposta, ma il punto di svolta: 


Il miracolo "normale" della nostra vita - Luca Doninelli

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