Imbranato

Diventare adulti offre spesso enormi benefici, quali imparare a riconoscere i propri limiti e/o accorgersi finalmente quando ne stai superando uno, nel bene e nel male.

Devo ammettere che, ultimamente, ho imparato a riconoscere quando sto mentendo a me stessa, mentre ho talmente tanta nostalgia dentro che mi cola anche dalle orecchie.

Questo limite ha un nome. Anzi, due. Due fasi, che spesso si susseguono l'una all'altra, a scandire l'intensità dell'esplosione.

La prima, quella che alla fine è solo un avvertimento, si chiama Ed Sheeran, la seconda, quella che mi avverte che il livello di allarme è stato superato, si chiama Tiziano Ferro.

Esatto, quando mi sto tenendo tutto dentro, mentre il corpo vorrebbe farla sloggiare tutta questa nostalgia immigrata che che-cosa-ci-farà-mai-nel-nostro-paese-ci-ruberà-il-lavoro, il risultato è che mi prende un'insana voglia di ascoltare uno dei due. E struggermi immensamente.

Poi chiusa la soglia
Do sfogo alla mia turpe voglia
Ascolto Bach.

Ah.

Ricordo, ci sono stati lunghissimi mesi, qualche anno fa, trascorsi nella più completa apatia. Non provavo più niente, nemmeno le emozioni reattive più comuni, quasi avessi perso la sensibilità anche nei polpastrelli delle mani.

Poi, è successa la cosa più inaspettata ma forse più sospettabile di tutte, mi sono innamorata. E lui mi ha spezzato il cuore. Il tutto condensato nel giro di un paio di mesi a dir tanto.

Ma ricordo quanto fossi felice di essere ritornata a sentire, a vedere, a farmi toccare dalle cose.

Da quel momento, ogni volta che sto male, che sono triste, arrabbiata, c'è quel punto di luce che continua a brillare, a dirmi che, pur dentro la tempesta, sentire il dolore è meglio che non sentire niente, perché è dalla vita che passa la speranza, non dal nulla.

Ed Sheeran e Tiziano Ferro credo che siano una specie di contrappasso a punizione del mio nazismo artistico.

Mr. Darcy, ti aspetto.

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