Comunque vada panta rei

Questo weekend sono scesa in Italia, per poco più di 24 ore. 

Da non rifare mai più. Sono dovuta stare a casa due giorni a dormire per riprendermi. Come diceva la Cinquetti, non ho l'età.

Ma ciò che mi ha realmente sconvolto è stato l'inizio, quand'eravamo ancora in Inghilterra, quando l'aereo manco era decollato. 

Per dar credito della mia estrema eroicità, sono stata messa a dura prova dal Fato, che, questa volta più di altre, mi ha giocato un tiro decisamente mancino.

Mi trovavo all'aeroporto di Luton, col mio solito gin tonic pre-volo e l'ennesimo libro in mano per ingannare l'attesa.

"Strano, l'aereo è persino in orario!".

(Che dico, anni di tragedia greca non m'avessero insegnato nulla, che quando le cose vanno troppo bene, è lì che bisogna preoccuparsi.)

In coda all'imbarco, noto con disappunto, e un cicinin' d'ansia, che ci sono un po' troppi ragazzini rispetto agli adulti presenti. 

Faccio finta di niente e chiudo gli occhi. Se li tengo chiusi, non sarà vero niente. D'altronde la vita è sogno, no? No?

Con compostezza e austera superiorità salgo sull'aereo alla disperata ricerca del mio posto a cui aggrapparmi.
"26B, un po' in fondo, chissà dove sarà...".

Ultima fila. Nel posto centrale e in ultima fila. Quella che se il comandante tossisce si sente un vuoto d'aria.

Ultima fila, circondata, che manco i tedeschi con la Polonia, da due (dico DUE) classi di ragazzini, una delle medie e una delle superiori. 

Facevano prima a chiamarlo "girone infernale" e la portavamo a casa. 

[Allego foto testimonianza per meglio farvi comprendere come dopo un'esperienza del genere uno ci arrivi ben più che sui gomiti al sabato sera.]

Io e Bertollo. Addio al nubilato di Bertollo. Bertollo si sposa!!!

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