La Casa di Carta e la luna (PANTONE 22495 C)

Qualche sera fa, in preda ad un'infatuazione conturbata e di fuoco, erano circa le due del mattino, ed ero nel mezzo dell'azione. Il sangue, la Spagna, le battaglia, le strategie, il cuore, la speranza più disperata. Avevo lo stomaco attorcigliato come un fiocco e il cuore che pompava violento dentro un tumulto di timpani e fiati.

Guardo l'ora, è troppo tardi per essere un giovedì sera qualunque. No? Cosa ci facevo ancora sveglia?

E qui, entra in scena la voce della mia coscienza, che per problemi di copyright chiameremo Gina. E Gina mi scrive qualcosa del tipo, "Ma sei presa bene, fatti la nottata, chettefrega?!".
E quel chettefrega, è stato come un buffetto sulla guancia, quelli che ti fanno quando sei distratta.
Lì mi sono resa conto che non avrei mai avuto un altro momento nella vita (spes contra spem) in cui poter fare nottata, in mezzo alla settimana, a guardare una serie tv senza che questo che potesse avere conseguenze sul giorno seguente.
Non avevo niente da difendere e niente da perdere. Potevo lasciarmi andare.

Così, ho fatto partire il sesto episodio della prima stagione e mi sono accoccolata sotto il piumino.
A quel punto, è successo qualcosa di inaspettato davvero. Nel buio silenzioso della notte, un fascio di luce lattiginoso, un fanale chiaro di burro, si è allargato come una macchia dietro le finestre del balcone. Ho (addirittura!) abbandonato El Profesor, rotolato dall'altra parte del letto, aperto le finestre e mi sono affacciata. Una luna gigante, luminosa e soffiata di vetro, mi guardava da vicino, dall'alto della volta celeste. E io guardavo lei. È stato un incantamento. Sono rimasta lì, occhi negli occhi con la luna, e nient'altro al mondo.

Non so quanto tempo siamo rimaste così, ma so che da quella sera, ho cominciato ad aspettarla, tutte le sere. Guardando La Casa di Carta. Il che, ovviamente, ha portato alcuni effetti collaterali che vale la pena di enunciare:

  • Trovare scuse di qualsiasi tipo per intavolare conversazioni con gli amici solo per poter chiedere, "Ma tu lo hai visto? Maaaaaaa, El Profesor o Berlìn? Ma anche a te viene da prendere Tokyo a mattarellate sulle gengive?"; oltre ad una serie di commenti non riproducibili in questa sede, destinati ad un pubblico prettamente femminile, e dettati principalmente dalla clausura e dall'astinenza;
  • Ascoltare solo musica indie spagnola, in particolare i Vetusta Morla (che già amavo molto per la colonna sonora di Los Rios de Alice); ma anche latino-americana di qualsiasi sorta, solo per ascoltare i suoni, i respiri, le pause, di qualsivoglia idioma spagnoleggiante;
  • Parlare spagnolo (imparato sui banchi del Profesor e dentro La Fabrica di Moneda y Timbre) con chiunque, specie coi coinquilini. Dovreste provarci, ogni conversazione diventa improvvisamente avvincente e peligrosa. "Hodér! Que pasa, Pablo?". Anche perché, aldilà di qualche frase di circostanza, il registro linguistico e il vocabolario, si possono ricondurre, a grandi linee, a insulti grossolani, parolacce e termini circoscrivibili al settore poliziesco. Se andassi a Madrid, non saprei chiedere indicazioni per il bagno, ma saprei dire che abbiamo fucili, pistole e ostaggi. Coño!

L'ho aspettata, tutte le notti. Ho dovuto aspettarla tanto perché sto al primo piano, e ho bisogno che scavalchi i tetti delle case per poterla vedere dal mio balconcino.
Fino a ieri sera. Fino a ieri sera perché, dopo due giorni di full immersion in rapine a mano armata, avevo bisogno di un breve cambio di rotta. E così, ho messo su Chocolat. E non mi ricordavo quanto fosse bella Juliette Binoche. E mentre mi leccavo il cioccolato dalle dita (e non si può chiedere di guardare Chocolat senza farsi venire le crisi di astinenza da cioccolato. Fondente, 80%. Per dire.), ho visto la luna. Ed era come se la vedessi la prima volta.
Entrava un vento leggero dalla finestra, fresco come un abbraccio. Era perfetta. Così piena di luce che sembrava fatta di vetro opaco, come le altre sere, ma di un bianco di crema, coi vortici dei mari color ruggine, esposte lentiggini in una giornata d'estate.

L'attenderò anche stasera, guardando La Casa di Carta e dichiarandole il mio amore bevendo Porto.
Fin quando finirà la serie. E mi chiedo se ci sarà ancora una luna alla fine.

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