Pass In Time

Ho speso quei pochi (ma molto buoni) giorni di ferie estive, per la maggior parte in un  grazioso appartamentino sospeso sulla laguna  veneta, che i miei hanno di recente rilevato e ristrutturato secondo un gusto (per la prima volta forse, ammetto quasi mio malgrado) di ampio respiro.

Si entra per uno stretto corridoio, senza finestre, che si potrebbe pensare conduca alla Black Lodge di Lynchana memoria. Ma se lo si percorre per intero, il buio corridoio si spalanca improvvisamente su un grande salone, sfoderato di ampie finestre sul lato marino, e grosse tende blu oceano si gonfiano come sottilissime vele lungo il dorso dei cardini bianchi come denti. E si spalanca il mare. La laguna. L'acqua, insomma.

Dalle portefinestre, si accede ad un terrazzino, grande come lo spazio di un paio di sedie, testimone di gran parte delle mie notti lì. Complice forse il fatto che la luna aveva l'abitudine di sorgere e fissarsi proprio da quel lato della laguna.

No, non ce l'avevo una foto di notte. Molto sorry.

Ho trascorso lungo tempo in sovrumani silenzi e profondissima quiete, chissà esattamente affascinata da cosa, forse solo dal ponte di luce che si sbriciolava nell'acqua o dallo sciabordio dondolante delle onde, che pareva quasi rallentare il tempo o, ancora di più, rinsaldare le microfatture in cui siamo abituati a vivere il tempo delle giornate quotidiane.

Ma sì, capisco, momenti così preziosi si ha la tendenza egoistica a volerli trattenere per sé. 
Eppure nemmeno si desidera starsene lì da soli a godere di una bellezza sovrabbondante senza poter avere almeno un testimone di quell'attimo rubato alla gelosia degli dei.

Il mio significant other in quelle lunghe sere è stato un giovane poeta Argentino della schiera di Borges, che però scriveva in italiano - e qua già lo devo ringraziare, il buon Rodolfo, per avermi fatto saltare il grosso scoglio di una traduzione.

Già dopo cinque pagine, neanche a dirlo, già ero innamorata.

In particolare, di un brano, che continuo a rileggere fino allo sfinimento (se mai sopraggiungerà) che racconta (non spiega, racconta) quale posto sacrale, umanamente definitivo e luminoso abbia la poesia, la letteratura, l'arte eccetera eccetera, nel cuore di una persona - della mia persona nello specifico. Non c'è molto altro da aggiungere:

6. p 17

Nonostante i trionfi della scienza applicata
gli strumenti migliori per osservare l'universo
sono ancora la penetrante lampada del verso,
la musica, la voce di una gola privilegiata,
oppure nella penombra delle candele sparse
il pulpito crosmatesco di diorite incrostata;
qualsiasi luce indicante dove un pensiero arse,
semplici torce o splendidi lampadari,
monasteri carpatici tra boschi secolari,
rune d'Islanda con principi bruschi,
falli d'ambra nella foresta, sarcofaghi etruschi.
Alla luce di questi lumi l'uomo si muove più sicuro,
vede i tramonti, vede le rive del mare,
e pronuncia parole il cui senso oscuro
gli si comincia infine a rivelare.

- J. R. Wilcock, Poesie, 1980, Adelphi

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