La cotta di Mithril

C'è un momento, quando gli occhi cisposi si aprono su un qualsiasi anonimo mattino di un qualsiasi anonimo giorno (e tra qualsiasi e anonimi potremmo andare avanti in una sezione atomica dello spazio-tempo terribilmente Péguy-iana; pertanto, permettete che ci si fermi qui)... 

Dove eravamo rimasti? Dunque, ogni stramaledetto mattino di ogni stramaledetto giorno (aridaje), quando gli occhi cisposi si aprono su uno scenario - possiamo dirlo? sempre, tendenzialmente apocalittico... E lo sappiamo che è così, che ci toccherà combattere.

I prodromi della battaglia quotidiana si possono rintracciare solitamente nel tacito ammutinamento dagli strumenti che partecipano alla convivenza della casa, e decidono di fare silent strike esattamente quando hai bisogno di farti un caffè, farti la doccia, asciugarti i capelli... (e sospetto che a capo di questa oscura cospirazione ci sia sempre la Sveglia-Che-Non-Suona, la regina del complotto).

E poi, come in un'opera wagneriana, gli eventi si susseguono in un crescendo melodrammatico e teatrale - il tram è in ritardo, zeppo di gente come stare in una biscottiera; ti sbrodoli col secondo caffè prima di entrare al lavoro; si spengono i caloriferi; salta l'internet; sei in ritardo con una consegna e volano a picco su di te altre quindici urgenze; ti telefona nonna mentre stai mandando una fattura sono-le-11-di-un-giorno-della-settimana-starai-lavorando-disturbo? Eh...

Ok non tutti i giorni è così, ma tutto quello che avviene, sono solo variazioni sul tema.

E il tema principale è una spaventevole, onnivora frenesia che divora ogni minuto della giornata, mescolando in una centrifuga orgiastica quello che ci piace a quello che ci obbliga, quello che amiamo a quello che dobbiamo; alimentando un'adrenalinica confusione o, nel migliore dei casi, una spossatezza del cuore che in nessun modo ci sembra di saper spiegare.

Giunta alla soglia dei trent'anni e di un'amabile e personale cinismo, mi sono chiesta - e dopo questo lungo prologo torniamo al cuore della questione iniziale: quando al mattino, ogni mattino, apriamo i nostri occhi da orate, e si emette il primo respiro del mondo, fin troppo cosciente di quale battaglia ci attende, qual è la mia cotta di Mithril? Qual è la mia fiala di luce di Eärendil?

Cape Cod Morning, Edward Hopper, 1950.

Ogni mattino che vede la luce di questo mondo, mi alzo rotolando dal letto, infilo i miei occhiali rossi  sul naso e, respirando profondamente, abbraccio tra le mani il libro che sta ai piedi del letto.

Bisogna scegliere bene le proprie armi, i propri alleati e i propri compagni di viaggio.

Mi basta un quarto d'ora, mentre viene su il caffè e si scalda il pane, venti minuti se sono nel vivo di qualche pagina particolarmente bella.

Minuti di silenzio, di solitudine, di pienezza, di eternità. In cui mi rivesto di Pratolini, Withman, di Pessoa, di Saramago, Scerbanenco, Seneca... 

Minuti dal sapore fresco e intero di ogni primo mattino del mondo, pieni della solennità di lasciar entrare un amico nella porta dello spirito.

È la quotidiana, meravigliosa lotta di Atreyu contro il Nulla; il tracciato luminoso nell'intricata confusione del labirinto delle grigie guglie di Milano. È il il nutrimento vitale dei miei piccoli occhi stanchi, è il risveglio del cuore.

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