Manifesto in elogio alla speleologia

Credo nell'estasi sensuale, terribile e magnetica di una serata con Anna Calvi - è una Sirena, una Gorgone, una creature orfica, una strega, una Dama Galadriel vista con gli occhi di David Lynch. 

Anna Calvi al The Boiler Shop in New Castle, UK. Credits: Adam Kennedy.

Credo nella struggente poesia elegiaca di Hadestown - e, in particolar modo, nella voce ardente di speranza e tragica di dolcezza di Justin Vernon (aka Bon Iver) in Wait For Me.

Credo nella nuda esitazione di Zach Condon, quando, nel passaggio finale di Postcards From Italy, il ritmo cambia quasi d'improvviso e poi è solo un'esplosione di And I will love to see that day.

Credo che, nella follia alienante delle nostre giornate, ognuno di noi abbia un disperato bisogno di questo splendido ardore, dentro le viscere, così come si ha bisogno di riempire i polmoni di aria e gli occhi di luce.

Non lo sappiamo, ma abbiamo così bisogno di Beth Orton, di Terry Callier, di Omer Avital, di Tim Buckley; e di Picasso, Kandinskij, Carrère, Buzzati...

Ne abbiamo bisogno perché siamo terribilmente assuefatti dal fascino pigro delle camicie a quadri di Marcus Mumford*, dalla bulimia delle cose che possiamo semplicemente ingurgitare senza andarci veramente a fondo.

Non sappiamo quale sia la forma di un'attesa, di un respiro più lungo di quello immaginato, la bellezza della speleologia del cuore delle cose così come del proprio.

*[Nota polemica a piè di pagina] Credo fermamente che la vita debba essere fatta di manifesti. Viviamo in un Paese dove i Mumford and Sons fanno sold out, gli Impressionisti suscitano sempre ondate orgasmiche di visitatori, mentre Anna Calvi non riempie nemmeno l'Hiroshima e quasi nessuno sa chi sia Giovanni Boldini. Manca solo che la gente ricominci a staccare pietre dai Fori Imperiali per le proprie dimore, e il ritorno al Tardo Antico è un attimo.

Commenti