Alle antiche sere e alla musica lontana

Dopo circa un mese e mezzo che ero a Londra, ho fatto due cose: mi sono tagliata i capelli corti e mi sono fatta un piccolo tatuaggio lungo il lato destro della nuca. 

Il fatto di essermi tagliata i capelli è stata una scelta più che impulsiva direi improvvisa. E confermo in toto essere vero che quando una donna cambia taglio di capelli è perché ha deciso di cambiare in modo radicale una parte della sua vita. Siamo dannatamente prevedibili sulle cose più banali.

Ad ogni modo, non è un argomento che ha veramente qualcosa di interessante. Le solite beghe legate alla sfera amorosa, quindi nulla di cui non si sia scritto negli ultimi cinquemila anni.

Però poi è arrivata lei. A metà febbraio, una piccola rondine, preludio di primavera, ad arrampicarsi lungo le pendici sinuose del mio collo, in direzione del cielo. La sua storia è nettamente più interessante. Ve lo assicuro.

Mi trovavo, in quel pomeriggio di metà febbraio, a passeggiare in una affollata e piovigginosa Portobello Road con la mia amica Cecilia (lei meriterebbe più di questa misera parentesi, ma tant'è. Vi avverto, non diventate mai miei amici), alla ricerca di un bugigattolo dove ci aveva mandate un nostro amico, perché Cecilia voleva farsi un piccolo tatuaggio sulla caviglia, tratto da un quadro di Mirò.

La corpulenta tatuatrice slava ci informa che per lavori così piccoli e poco complessi fa un prezzo fisso di 50 pound. A me sale l'acquolina, e ci mettiamo in coda tutte e due. 
A dir la verità, attendiamo il nostro turno nel pub di fianco - merenda a birra e concerto live di una piccola band brasiliana - lei una voce magnifica. 

E intanto penso a come impiegare quei cinquanta pound. Passo in rassegna i momenti salienti degli ultimi mesi, come si passano le polaroid di un viaggio di nozze, e ad un certo punto, lei. Era l'unica cosa che avesse senso, una rondine. Un rondinino, piccolo e cicciotto come la speranza che mi aveva sorretto quei mesi. Una rondine per ricordarmi non solo che dopo l'inverno viene sempre la primavera, ma soprattutto che ogni inverno custodisce sempre una primavera.

La mia piccola rondine, alla base del collo, memento che niente è mai veramente perduto; è, semmai, custodito, come fa la neve con il terreno seminato.

Il 15 ottobre 1879, in una lettera al fratello Theo, Vincent Van Gogh scrive, "Talvolta, in inverno, il freddo è tale che si dice: Fa troppo freddo; che m’importa se all’inverno seguirà l’estate? Il brutto supera di gran lunga il bello. Ma, con o senza il nostro permesso, il freddo cede infine e un bel mattino troviamo che il vento è cambiato e che comincia a sgelare."

Ecco, io questo me lo volevo ricordare per sempre.

Rondinina e Anna Robbi, 2017

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